Vanni è un motociclista. O meglio, un freestyler motocross, un artista della moto, uno di quelli che prendono le rampe a velocità assurde, volano in aria, e in aria – non contenti – fanno acrobazie, si girano e si rigirano nel vuoto del cielo e, non si sa come, poi riatterrano con la moto tra le gambe. Vanni non è solo questo: è una fonte inesauribile di energia, uno che non si è mai voluto accontentare, che è passato dall’andare in mini cooper in Università a fare il fighetto a girare il mondo con la sua moto, che da ragazzo timido appassionato dalla natura è diventato uno sciupafemmine sempre pronto a far festa. In fondo, nessuno di noi può essere descritto da una serie di aggettivi, o dai traguardi che ha raggiunto, o dai suoi fallimenti. Per conoscere qualcuno, dobbiamo piuttosto ascoltare la sua storia. E in questo libro, Vanni racconta la sua.
E non voglio, ora, raccontarvela. Per quella c’è il libro, appunto.
Il grande salto – Recensione del libro
Ciò che mi colpisce dell’avventura umana di Vanni non è tanto la sua abilità, il suo successo, il suo carisma. E’ di come a un certo punto si è reso conto che tutto questo non gli bastava. In tanti, davanti a soldi, carriera, uno stuolo di fan, feste pazzesche in giro per il mondo, potrebbero dirsi arrivati, soddisfatti. E godersela finchè è possibile. Invece, Vanni a un certo punto fa un incontro. Un incontro casuale, ma che come tutti gli incontri è anche un segno, una possibilità di cambiamento, una domanda che si apre. E lui si chiede: ho tutto, ma non sono davvero felice. Cosa devo fare? E lì, scatta l’illuminazione. Ho ricevuto tanto in questa vita, da questa vita. Ora voglio dare. O meglio: voglio donare. Il mio tempo, il mio talento. Per gli altri.
E da questo incontro nasce la mototerapia. Moto che sfrecciano tra le corsie d’ospedale, con sopra Vanni e bambini ammalati, che non possono uscire e giocare con i loro amici. Non solo. Con il tempo la mototerapia è diventato uno strumento con cui incontrare tutti, soprattutto chi è più in difficoltà: disabili, ammalati. Perché Vanni, quando è su una moto, è felice. E allora ha detto: perché non portare questa felicità anche agli altri, soprattutto a chi sembra schiacciato dal male? Perché non provare a trasformare ciò che per me è la bellezza, in un qualcosa di condiviso, partecipato, sperimentato da tutti? Non si tratta di lunghe riflessioni o ragionamenti, ma solo di dire: ciò che ho ricevuto ora lo voglio ridare. Voglio condividere la felicità del vento tra i capelli, la bellezza del salto, il gusto dell’avventura.
Altro non voglio aggiungere: guardate i video, leggete il libro. Incontratelo. Per far del bene non serve essere speciali, ma desiderare condividere la bellezza che si è incontrata, soprattutto con chi, secondo il mondo, non può viverla perché malato o perché non rispetta gli “standard”.
Matteo Colombo