Dopo il successo di Patria, Guanda ha ripubblicato questa raccolta di racconti scritti da Fernando Aramburu nel 2006, che ha come sfondo sempre la storia dei Paesi Baschi e dell’Eta, con il proprio carico di dolore, rabbia, sofferenza, umiliazioni e fragilità che gravano sulla vita dei vari personaggi. Traspare con forza l’intento di mostrare, attraverso storie che sono sempre intime e domestiche, le vittime collaterali della violenza, quelle che hanno subìto loro malgrado i danni dell’odio e la cui esistenza sembra sospesa e senza futuro, anche se spesso poi emerge un filo di luce nelle vicende raccontate, come a gettare un seme di speranza sul futuro da cui è possibile ricostruire la propria esistenza, ritrovando o alla ricerca di quella pace tanto anelata.

Dopo le fiamme, è un libro da leggere quasi meditandolo, che fa riflettere su tutte le brutture della storia, di cui le guerre e il terrorismo sono una tra le facce più crudeli. Scritto con una lingua asciutta ma che non tralascia di descrivere alcuna emozione, senza la preoccupazione di dividere i buoni dai cattivi, ma sempre con una profonda compassione per quanto il destino chiama ciascuno a vivere.

Una ragazza che dopo sei mesi esce dall’ospedale invalida, vittima casuale di una bomba piazzata davanti a una banca, e il dolore silenzioso e impotente di suo padre; una donna che cerca in tutti i modi di resistere alle pressioni della comunità che vorrebbe espellerla, perché le hanno assassinato il marito e la sua presenza è diventata per tutti motivo di disagio; un vecchio accusato di collaborazionismo che vive in una condizione di insopportabile angoscia; la visita di una madre al figlio detenuto in un carcere di massima sicurezza, e la loro difficoltà di capirsi fino in fondo. Con grande empatia per questa umanità dolente, la penna magistrale di Fernando Aramburu ci consegna un libro in cui la libertà dei protagonisti è sempre di fronte a una scelta: far tacere il proprio male, il dolore, l’insoddisfazione in cui le circostanze della vita ci fanno precipitare oppure dar credito a quel desiderio di bene e di felicità che è inestirpabile, impossibile da mettere a tacere, e che nell’imbattersi in uno sguardo pieno di tenerezza e di umanità alla nostra vita ci fa rinascere, come accade al protagonista del bellissimo racconto centrale Relazione da Creta.

Andrea Salini

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