Nella Cleveland degli anni 60, una città in cui non succede mai nulla, in cui tutto è sempre uguale ed è difficile credere in un futuro migliore, crescono due bambini, Jonathan e Bobby, amici inseparabili. Alle spalle hanno due famiglie complesse, sebbene in modi assai diversi, segnate da profondi lutti, dolori, silenzi e spaccature insanabili. Quest’amicizia profondissima, nata per caso, in modo quasi avventato, li accompagnerà attraverso il periodo confuso dell’adolescenza, e poi nell’età adulta, con i sogni maledetti, i progetti futili e la caparbietà di ripartire ogni volta. Gli anni passano, e arriva Clare, la coinquilina, l’amica, la confidente, una sorella. Clare, che diventa una quasi famiglia, un quasi grande amore, quasi l’unica certezza per il futuro.

Ma sempre e solo un “quasi”. Certo la trama potrebbe essere banalmente sintetizzata come il racconto di un triangolo amoroso, ma in realtà racconta qualcosa di molto più grande. Il vero protagonista è l’amore: semplice, forte, travolgente, tumultuoso, grandioso, in tutte le sue forme più eterodosse, in tutta la sua forza vitale. Perché, in fondo, la vita è nulla senza quel sentimento meraviglioso, capace di illuminare anche i giorni più scuri, qualunque forma esso assuma ed ovunque esso si manifesti, sia pure in “una casa alla fine del mondo”. Cunningham è abilissimo nel raccontare le infinite sfumature dell’animo umano, e lo fa usando, in questo caso, un alternarsi di voci narranti e punti di vista, senza però mai confondere il lettore. Ad ogni capitolo guardiamo lo sviluppo della storia con gli occhi del personaggio di turno, con le sue emozioni, le profonde implicazioni psicologiche, gli sfaccettati sentimenti. È un groviglio di emozioni annodate intorno a quattro persone speciali, fragili, ognuna a suo modo, innamorate, ognuna secondo le proprie regole, ferite, ognuna dalle proprie paure. Il risultato è una scrittura ipnotica che, con una narrazione a più voci, descrive un agglomerato di sentimenti confusi, tanto minuziosamente e con una precisione ed un realismo tali, da risultare dolorosi. È facile quindi evincere che non è la storia l’elemento cardine del romanzo, ma l’abilità dell’autore nel saper raccontare così bene l’animo umano nella sua complessità ed allo stesso tempo nella sua disarmante ovvietà. La prosa di Cunningham è ricca, poetica, i suoi personaggi sono meravigliosamente sfumati e vivi, ciascuno portatore di una verità personale che si scontra e si fonde con quella degli altri. È questo un libro di rara bellezza, scritto con una intensità superba. Una parabola sul significato della vita che graffia l’anima e lo rende indimenticabile.

Carmen Tessari

Una casa alla fine del mondo di Michael Cunningham: la trama

Jonathan, un ragazzo introverso e insicuro, e Bobby, attraente, benvoluto ma un po’ grossolano, non potrebbero essere più diversi: eppure diventano amici inseparabili e poi amanti nel corso di un’intensa e tormentata adolescenza a Cleveland, Ohio. Durante gli anni del college si perdono di vista, per poi ritrovarsi a New York dove Jonathan vive con l’amica del cuore Clare. Quando Bobby si trasferisce da loro e comincia una relazione con la ragazza, gli equilibri sentimentali e interiori dei tre ne vengono inevitabilmente sconvolti.

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